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Nel quarto anniversario della sua morte, avvenuta il 6 settembre 2011, insieme agli operatori della Fondazione, Silvia Cimarelli e Nicola Aloisi, ricordiamo Martin per quanto ci ha trasmesso e continua a trasmetterci attraverso la memoria indelebile dell'esperienza di chi, con lui, ha lavorato. Silvia ce ne offre una testimonianza qui di seguito.

Chiara Mangiarotti

Pochi giorni fa, mentre leggevo le Lettere a un giovane poeta di Rainer Maria Rilke, un paragrafo mi ha fatto venire in mente lo stile di Martin Egge. Ad una domanda che quell'artista gli poneva sulla scrittura dei propri versi, Rilke gli consigliava di attenersi a ciò che di semplice c'è nella natura, a quel piccolo che repentinamente può diventare grande, incommensurabile. E aggiungeva che, se da servitore, cercherà di guadagnarsi la fiducia di ciò che gli sembra povero e sentirà “quest’amore per l’insignificante, tutto gli risulterà più facile”.

L’amore per l’insignificante del poeta potrebbe nominare quanto Martin mi ha trasmesso all'Antenna 112: quello che di arte c'è nella nostra clinica con i bambini autistici. Martin era, anche lui, proprio un artista nel suo modo di approccio ai bambini, nella sua accortezza per produrre dei buoni incontri con ciascuno, nel valorizzare le sorprese che questi bambini ci causano, nel suo modo “distrattamente attento” di cogliere i particolari, la singolarità in gioco in ciò che si manifesta, per esempio, come stereotipia o ritornello senza senso. Un artista al servizio dei dettagli, quegli "incommensurabili" che hanno permesso a tanti bambini di emergere come soggetto oltre ogni etichetta, oltre i criteri di ogni valutazione che si vuole scientifica.

Silvia G. Cimarelli