Il nostro orientamento

Origini ed evoluzione / definizione

Nel 1943 Leo Kanner descrive l’autismo come una malattia mentale classificata all’interno delle schizofrenie con la particolarità di un esordio precocissimo nei primi due anni di vita che esclude la compresenza di una malattia neurologica o genetica precisa. Oggi, una parte consistente della comunità scientifica sostiene che l’autismo sia legato in qualche modo ad una malattia cerebrale d’origine genetica, neurologica, tossica o dismetabolica, nonostante tanti anni di ricerca non siano riusciti a dimostrarlo. L’autismo perde la sua specificità di malattia mentale per rientrare nel calderone dell’handicap, definito attraverso i comportamenti. Il risultato dell’allontanamento dai paradigmi clinici a favore di quelli prettamente comportamentali ha condotto a definire un cosiddetto “spettro autistico” con l’aumento di casi accertati del 1000 per cento in pochi anni... continua


Clinica dell'autismo

Normalmente il bambino piccolo si affida all’Altro materno per essere garantito e poter entrare attivamente in un mondo caotico. In questo percorso, il bambino autistico trova un ostacolo, un inciampo. Egli è diffidente verso tutto ciò che proviene dall’esterno, compreso il linguaggio, e che perciò tenta di elidere e si costruisce un mondo basandosi esclusivamente sulle proprie risorse. “Bastare a se stesso”, l’autoisolamento e l’apparente distacco dal mondo, costituiscono la difesa che lo contraddistingue. Il termine “stesso” indica anche la ripetizione rispetto ad un ordine dato, sia a livello dei luoghi, cioè la fissità degli oggetti ad un determinato posto, sia nel tempo, attraverso il ritmo applicato agli oggetti, le stereotipie a livello del corpo e le ecolalie a livello linguistico. Vediamo qui, in tutte queste attività, che il bambino autistico ricorre alla struttura elementare del simbolico... continua


Il lavoro con i bambini autistici

Il bambino autistico spesso non parla, è stato chiamato “sordo d’anima”, ma […] non può fare a meno dell’Altro. Come fare allora in modo che l’autistico ne includa la presenza nel suo mondo? Il muro è più permeabile di quello che sembra. Come scopriamo quando ci affianchiamo al soggetto per aiutarlo a realizzare una sorta di fort/da (1) artificiale, a partire dal lavoro in cui è già implicato e non si stanca di ripetere. Le due palline di colore diverso a cui il bambino imprime un movimento alternato, la forchetta che batte ritmicamente sul tavolo, le due borse che apre e chiude riempiendole di oggetti spazzatura, costituiscono un “biglietto da visita” con cui il bambino si presenta... continua


La pratica à plusieurs

Che partner esige il bambino autistico? Per parafrasare Donna Williams, egli cerca una guida che lo segua o come diceva un bambino “io sono il capo e tu lo scudiero”, un partner poco muscoloso, non intrusivo, che sia curioso verso il suo mondo e sappia valorizzare le sue trovate. Nella pratica à plusieurs ideata da Antonio Di Ciaccia gli operatori diventano i partner docili del bambino, dapprima curiosi, poi più propositivi, per creare un’atmosfera in cui egli possa trovarsi a suo agio. Nella pratica à plusieurs gli operatori offrono al bambino punti di riferimento nella realtà per tessere la trama di un Altro “regolato” in quanto egli stesso, in primis, sottoposto a delle leggi. Una trama fatta dall’intreccio di spazio e di tempo, una rete costitutiva della realtà del bambino che crea prevedibilità e di conseguenza è disangosciante... continua